Gabriele Papi
ARMI E COSTUMI DEI BRIGANTI ROMAGNOLI AI TEMPI DEL PASSATORE
Un repertorio, fuori dalla leggenda
Premessa. Stefano Pelloni detto il Passatore (1824-1851) non fu cortese neanche con sé stesso, come pure i briganti della sua orda. I briganti, a parte rare eccezioni, erano analfabeti: ma erano maestri nell’uso e nel maneggio delle armi, sia ‘bianche’ sia da sparo. Al loro tempo non c’erano ancora le veloci e moderne armi a retrocarica come le intendiamo oggi. Avevano però a disposizione, come si evince da numerose fonti di polizia, le migliori armi allora disponibili: sia frutto di rapine, sia di contrabbando, in particolare doppiette e pistole talvolta anch’esse a due colpi. Ribaldi e feroci, i briganti avevano una invidiabile conoscenza del territorio e dopo i loro ‘mordi e fuggi’ potevano godere di una ampia rete di rifugi, complici e manutengoli ben ricompensati, finché durò la bazza. Non sarà forse inutile, dunque, proporre ai lettori un repertorio sia delle armi usate dai briganti sia dei loro accessori: notizie evinte dalle dettagliate schede segnaletiche conservate negli archivi criminali di quel tempo. Ultima chiosa: volendo proprio fare un paragone con banditi d’altri Paesi, emergono varie somiglianze tra i briganti in terra di Sangiovese e i ‘desperados’ del Nuovo Messico che agivano sulla pista di Santa Fè: i ‘desperados’, oltre ad attaccare anch’essi le diligenze, erano gente per la quale ‘la rapina era un mestiere e l’omicidio una distinzione…’, con tanto di ghiotte taglie sulle loro teste, proprio come nella nostra vecchia Romagna.
Le armi
- E ‘sciòp’ – Lo schioppo. Fucile a canna lunga, un colpo.
- La ‘sciòpa’ – Doppietta a canne parallele e sovrapposte, già allora smontabili. Erano caricate a pallettoni, a lupara. La cosiddetta lupara non è la doppietta a canne mozze, ma la tipica cartuccia caricata appunto a lupara, inizialmente usata per la caccia ai lupi.
- E ‘trumbòn’ – Il trombone. Schioppo con la canna allargata verso la bocca, efficace solo a distanza ravvicinata.
- E ‘scavèz’ – Lo scavezzo. Schioppo a canna corta con cassa ripieghevole.
- E ‘muschèt’ – Il moschetto, arma militare. Giuseppe Lama detto Lisagna, uno dei pezzi da novanta dell’orda del Passatore, aveva una ‘Stutzen’, carabina austriaca.
- La ‘cartuzìra’ – La cartuccera. Tracolla o cintura di cuoio o stoffa robusta, in genere con 40 comparti per le spolette, antenate delle cartucce per velocizzare il caricamento.
- La ‘manèra’ – Ascia da taglialegna o macellaio, usata per abbattere porte e finestre.
- E ‘cavròn’ – Il caprone. Palo di legno con punta di ferro: per sfondare porte con catenaccio.
- Al ‘pistòl’ – Le pistole. Armi da fuoco corte che si maneggiano con una sola mano, di diversi tipi. C’era la ‘culona’, la ‘gatèra’, eccetera.
- I ‘curtèl’ o ‘curtlàzi’ – Coltelli e coltellacci di varia foggia.
- E ‘curtèl cun e’ rèz’ – Coltello con il riccio. A serramanico, con molla fissa terminante con un riccio che serviva da presa per il disimpegno della molla. Diffuso nelle campagne romagnole, circa mezzo metro una volta aperto.
- La ‘runchèta’ – Ronchetta. Coltello a scatto tascabile, a forma di piccola ronca.
Costumi e accessori
- E ‘caplàz’ – Cappello a larga tesa.
- La ‘galòsa’ – Eccolo il berretto, o cappelletto, tipico nelle campagne e nelle valli romagnole. (Il cappello a pan di zucchero, messo in testa ai briganti romagnoli dalla oleografia popolare o commercial-passatoresca è invece tipico della Calabria). Era di pelo, caldo. Non è da escludere che questo cappelletto, per la sua forma, abbia contribuito al nome dei cappelletti romagnoli, tradizionale minestra della nostra terra.
- La ‘sacòna’ o ‘cazadòra’ – Cacciatora. Ampia giacca di velluto o fustagno, con tasca posteriore e altre utili tasche interne ed esterne.
- La ‘caparèla’ – Capparella. Ampio mantello a ruota, di panno grosso, con bavero quasi sempre di pelo. Ideale nei mesi gelidi, utile per nascondere varie armi.
- E ‘lazèt’ – Laccetto, di spago o di seta, per fermare le emorragie in caso di ferite agli arti.
- La ‘ventrìra’ – Ventriera. Larga cintura di cuoio o stoffa intorno alla vita, per riporvi denari o munizioni.
- La ‘fiaschèta’ – Fiaschetta per polvere da sparo.
- La ‘buràcia’ – Borraccia in metallo, a volte in legno, per l’acquavite.
- E ‘furzinòn’ – Forchettone, per cuocere la carne alla brace durante i bivacchi.
- La ‘lèma’ – Lima. Arnese in ferro per segare sbarre e inferriate.
- E ‘còran’ – Corno animale, in genere bovino, usato nelle valli per segnalazioni.
Bibliografia. BRIGANTI IN ROMAGNA 1849-1850, di Giovanni Manzoni, Galeati, 1976. IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA, di Leonida Costa, Lega Editori, 1976. IL FUCILE DI PAPA DELLA GENGA, di Francesco Serantini, Premio Bagutta, 1949, Garzanti. COLTELLI D’ITALIA, STORIA E CATALOGAZIONE, di Giancarlo Baronti, Muzzio Editore, 1986. UNA SOCIETA’ VIOLENTA, MORTE PUBBLICA E BRIGANTAGGIO, a cura di Daniele Angelini e Dino Mengozzi, Lacaita Editore, 1996.